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Ritorno a casa

Un racconto di Daniele Brovida

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Ritorno a casa

Il treno stava arrivando, la voce metallica ed impersonale lo aveva annunciato da pochi secondi.
Lui era sulla banchina, in mezzo alla gente abbronzata e silenziosa che si preparava per il ritorno a casa. Lei era lì, accanto a lui, mezza addormentata, lo sguardo assente e distante.
Sentiva la sua presenza ma la percepiva come vacua, sfocata, quasi Lei fosse un fantasma che si trovava per caso a condividere un pezzo di banchina insieme a Lui.
Si ritrovò a pensare che i quattro giorni passati insieme si erano conclusi come sette anni prima. Un nulla di fatto. Ma questa volta qualcosa era cambiato. Loro erano cambiati. Le loro vite avevano preso due pieghe diverse ed ormai erano due binari che non si sarebbero più incontrati.
Eppure aveva sperato fino all’ultimo in un gesto, una parola che gli avrebbero fatto capire che erano le stesse persone di quell’estate lontana, indecise sulla vita e sul futuro ma unite da un legame profondo e intenso che avevano paura di rivelare.
Invece quelle poche ore gli avevano fatto capire che erano cambiati ed anche tanto.
Lui si era impegnato in una relazione con una ragazza madre, avevano preso casa insieme e presto si sarebbero sposati. Aveva deciso di fare il padre di un figlio non suo che però amava moltissimo e capiva di aver trovato una donna seria, matura ed affidabile che lo avrebbe amato fino alla fine dei suoi giorni, od almeno ci avrebbe provato.
Nonostante questo sapeva che se avesse dato un’occhiata con un microscopio nel profondo del suo cuore avrebbe trovato ancora un posticino dove c’era Lei che soggiornava. Sapeva che ogni volta che la vedeva, le parlava e scherzavano insieme tutte le sue certezze iniziavano a vacillare, il dubbio che Lei fosse la persona unica e giusta per la vita lo assaliva con prepotenza.
Non poteva mentire a sé stesso, lo sapeva, era ancora innamorato di lei.
Purtroppo non esisteva un interruttore per spegnere le emozioni che provava e nemmeno il tempo avrebbe cambiato i sentimenti verso di Lei. Sette anni prima, quando si erano avvicinati, Lei aveva deciso di chiudere i rapporti e non si erano più visti né sentiti per più di 30 mesi.
Questa decisione unilaterale e non condivisa lo aveva ferito profondamente, ma poi aveva capito che era un meccanismo di difesa che Lei aveva messo in atto perché si sentiva troppo dipendente e legata a Lui.
Nonostante questo, allora, perché continuava a rappresentare qualcosa per Lui? Possibile che non gli fosse ancora chiaro che Lei non lo voleva, non lo desiderava, non era pronta a trasformare la loro strana relazione in qualcosa di più intimo e profondo?
Soprattutto adesso che un abisso si era creato tra di loro. Ora che Lei era cambiata, cominciando a frequentare gente vacua e superficiale, il cui unico interesse nella vita era costituito dal divertimento sfrenato, senza scopo, giusto per spegnere il cervello e non pensare più a niente. Forse per cercare di colmare il vuoto che sentiva dentro aveva cominciato a circondarsi di persone inconsistenti.
Diceva che non sopportava più le responsabilità e i doveri che le condizionavano l’esistenza e che le provocavano ansia. Aveva bisogno di gente che le facesse dimenticare quanto era diventata opprimente la sua vita.
Lui vedeva le luci del treno in lontananza. In quell’esatto momento realizzò che non si sarebbe mai più visti, che la loro non-storia, mai cominciata, era destinata a trovare fine su quella banchina in mezzo a gente assonnata e taciturna.
Poi, ad un certo punto, mentre sentiva il fischio e cominciava ad intravedere i primi vagoni, gli venne in mente un momento del loro passato. Sette anni prima un gesto di Lei, che non aveva mai saputo interpretare, gli aveva fatto credere che si potesse innamorare di Lui.
A casa sua, un pomeriggio, mentre si riposava disteso sul divano, Lei si era avvicinata e si era messa accanto, immobile, occupando lo spazio libero sulla seduta. Senza dire una parola era rimasta così per un periodo che non sapeva quantificare, i loro corpi che si sfioravano appena, i loro fiati impercettibili nella penombra di un pomeriggio di fine estate.
Quel gesto gli aveva cambiato l’esistenza. In quel momento era come se le loro anime fossero uscite dagli involucri che le contenevano ed avessero comunicato per la prima volta. I loro spiriti si erano elevati al di sopra delle loro esistenze e avevano cominciato a parlare un linguaggio universale, chiarendo ciò che non avevano mai avuto il coraggio di dirsi quando erano racchiuse dentro i loro contenitori di carne. E mentre si parlavano e si sfioravano, finalmente libere dagli impulsi carnali, le loro anime avevano fatto l’amore, consumandosi l’una nell’altra.
Il ricordo di quel pomeriggio gli balenava negli occhi mentre assaporava ancora quella sensazione di purezza e quell’energia potente che li aveva uniti per quel tempo indefinito. Ma sapeva anche che nel corso della loro vita non sarebbe più successo di comunicare così profondamente con Lei e che ormai erano diventati due pianeti talmente distanti da appartenere a galassie differenti.
Il treno si era appena fermato e Lui cercava di trovare le parole giuste per dirle addio.
Voleva dire è stato bello averti qui per questi pochi giorni ma sapeva di mentire a sé stesso ed a Lei.
Avrebbe voluto tornare indietro nel tempo a sette anni prima e comportarsi diversamente, provare strade diverse, ma sapeva che non era possibile e che la vita gli aveva concesso la possibilità di stare con Lei ma ormai aveva sprecato la sua occasione.
Senza dire una parola e con gli occhi pieni di lacrime la baciò sulle guance e salì sul treno.
Decise di non voltarsi indietro e di non guardare dal finestrino fino a quando il treno uscì dalla stazione.

 

Data di pubblicazione: 4 settembre 2013.

Parolata.it è a cura di Carlo Cinato.
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