Logo ParolataPubblicato su www.parolata.it

 

Parolata propone

Dove si migliora la lingua italiana

Utili Divertenti Letterarie Sparse Novità

Qui si faranno proposte e aggiunte per migliorare e completare la lingua e la grammatica italiana.


Antropoide

Ci ha scritto Giovanna Giordano. --- Pongo a te una questione che mi sta a cuore per conoscere il parere tuo e di altri lettori.
Oggi si chiama androide ogni automa dalle forme umane, anche quando tali forme sono squisitamente femminili. Per evitare di litigare tra un po' e di dover distinguere tra androidi e ginoidi, non sarebbe meglio chiamarli fin da subito tutti antropoidi? Che cosa ne pensate? Perché non ci ha pensato nemmeno Google?
Ho provato a porre il quesito all'Accademia della Crusca scrivendo alla l'ora casella email, sulla loro pagina Facebook e su Twitter, ma non sono stata considerata nemmeno di striscio. Chissà se la Parolata è sensibile a questo argomento... ---

Dalla pagina 'android' di Wikipedia inglese si legge: La parola è coniata dalla radice andro- 'uomo' (maschio, in opposizione a antropo. 'essere umano') e il suffisso -oide 'dalla forma o dall'aspetto di'. Mentre il termine 'androide' è usato in generale in riferimento all'aspetto umano dei robot, un robot con aspetto femminile può anche essere indicato come un 'ginoide'.
Insomma, anche in inglese l'incoerenza esiste. A questo punto l'errore è storico, magari dovuto al primo utilizzo con riferimento a un robot dall'aspetto umano ma che realizzava azioni considerate maschili, e poi il termine è rimasto associato ai robot umanoidi in generale. Ecco, da questo punto di vista il termine italiano 'umanoide' risulta più corretto di 'androide'.
La Parolata appoggia quindi la proposta di Giovanna di usare il termine 'antropoide' piuttosto che 'androide' per indicare genericamente gli automi di forma umana.

Ci ha scritto Marina Geymonat. --- Mah, forse dovremmo restare fedeli al nostro lungimirante "umanoide", anche se ho il dubbio che si rischi di interpretarlo come "sottospecie di umano", subumano... Non saprei! ---

Ci scrive Mauro. --- Mi pare che il termine sia già abbastanza affollato di significati, e che non sia il caso, sull'aire del politically correct, di cercare di sostituirlo ad androide, già consolidato nell'uso quanto meno nella letteratura fantascientifica e, da quel che vedo, tecnica. ---

Michele ci scrive. --- In merito alla questione sollevata da Giovanna e dalla Parolata, sono d'accordo circa l'improprio uso di androide, e antropoide mi pare una buona soluzione, ma meglio ancora umanoide che, oltre ad essere più corto, ha una pronuncia più dolce e non mette in difficoltà chi ha problemi con la erre. ---


No, petaloso no

Petaloso
No, la Parolata non ha intenzione di aggiungersi alla legione di ammiratori della parola petaloso, né di proporlo come neologismo..
No, la Parolata non ha intenzione di discutere la novità di un singolo neologismo che arriva dopo illustri predecessori come comodoso (Forattini), inzupposo (Barilla), scioglievole (Lindor), puffoso (i Puffi), faccioso (i Peanuts) e addirittura petaloso stesso (Serra), e che ha assurto una fama notevole unicamente perché nato nel periodo di fame di novità da parte dei social network e diventato "virale".
No, la Parolata non vuole parlare della quantità di neologismi che vengono coniati in continuazione da grandi e bambini, e quindi della stranezza di stupirsi a comando e in massa se questo accade.
La Parolata invece apprezza come l'Accademia della Crusca, che ha sempre avuto l'immagine di un gruppo di vecchi noiosi e pedanti, da un po' di tempo a questa parte sia riuscita a entrare maggiormente nella vita delle persone e a ridestare l'interesse per un uso corretto della lingua italiana, un interesse più amichevole e divertito. In questo lavoro ha dato un notevole contributo anche il sito Lercio.it, che a sua volta propone l'utilizzo della parola "bertolaso".


Scrissimo

Ci ha scritto Mario Cacciari, relativamente alla seguente frase comparsa sulla Parolata giovedì scorso: "Scrissimo tempo fa, sulla Parolata, [...]".

--- Bello, bellissimo!
Così si ringiovanisce una lingua, che per troppo tempo fu immobile!
Ben tetragono all'uso di omicidio al posto di assassinio, o di piuttosto piuttosto che oppure, mi associo completamente a scrissimo e lo adotto senza indugio.
Bravo Carlo, sono dei tuoi! ---

Grazie al supporto di Mario, la Parolata si farà promotrice di una campagna di semplificazione dei verbi inutilmente irregolari (non escludendo che forse tutti i verbi irregolari lo siano inutilmente).

Ci scrive Cristina sulla proposta parolatesca di "noi scrissimo".

--- Mah, sbaglierò, ma mi pare che più di una semplificazione di verbi inutilmente irregolari, si tratti di una imposizione di ulteriori forme irregolari al posto dei quelle regolari che riescono a sopravvivere...
Il verbo è scrivere, al passato remoto: Io scrissi (irregolare), tu scrivesti (regolare), egli scrisse (irregolare), noi scrivemmo (regolare), voi scriveste (regolare), essi scrissero (irregolare).
Per cui la semplificazione dovrebbe essere: io scrivei, tu scrivesti, egli scrivé (o scrivette?), noi scrivemmo, voi scriveste, essi scrivettero.
Ciò non toglie che la forma scrissimo mi piace tanto anche se mi ricorda un po' il gergo di uno (quale?) dei sottoposti del commissario Montalbano :) ---

Dopo il contributo di Cristina potrebbe cambiare l'obiettivo della proposta di variazione: diventerebbe: "noi scrissimo" è più bello (che era un po' anche la motivazione iniziale di Mario).


Ospite e anfitrione

La Parolata propone che ospite sia unicamente chi viene accolto in casa altrui, mentre l'anfitrione è chi offre ospitalità in casa propria. In questo modo salviamo l'ospite d'onore e la squadra ospite, mentre ci perdiamo il significato della biologia ( Organismo a spese del quale un parassita vive): pazienza, vuol dire che l'organismo a spese del quale un parassita vive diventerà l'anfitrione.

Scrive Mario Cacciari: --- Temo che la soluzione non possa essere così semplice.
Già tu hai citato l'ospitalità; e questa è cosa che si offre, non si riceve.
Poi. È alquanto ridicolo il ruolo dell'organismo anfitrione, ma come la mettiamo con il verbo ospitare?
Lasciamo perdere un "sostituiamolo con anfitrioneggiare" che sarebbe buono solo come battuta ironica. Ragionando più seriamente, non mi pare che si possa ricorrere ad una circonlocuzione involuta del tipo "porsi come anfitrione" o "offrirsi come anfitrione".
Inoltre l'ospite, quello che offre ospitalità, ti fornisce un soggiorno completo nella sua casa, anche di più giorni comprese le notti, mentre l'amphitruo è, come specifica il dizionario Treccani: Il padrone di casa, generoso e ospitale, nei riguardi degli invitati a un pranzo, a un banchetto in casa sua.
Forse un aiuto più concreto lo si potrebbe trovare presso l'Accademia della Crusca, oppure nel grande Dizionario Etimologico del Battaglia. ---

Poi Maurizio Codogno, che per organismo ospite, inteso come organismo anfitrione, propone: --- Oh, lo possiamo anche fare diventare "organismo ospitante"... ---

Recependo le difficoltà segnalate da Mario la proposta della Parolata potrebbe diventare:
ospite è colui che ospita,
ospitato è colui che riceve ospitalità.


Colle

Proponiamo che la parola "colle" sia utilizzata unicamente per indicare il rilevo, mentre per indicare il passaggio, cioè il suo esatto opposto, sarebbe meglio utilizzare le parole "valico", o "passo". Ma ciò non è possibile, per la presenza in molti toponimi della parola colle con entrambi i significati. Peccato.


Sesquicentenario

Composto del latino sesqui, contrazione di semisque, a sua volta composto di sèmis 'mezzo' e que 'e', quindi propriamente 'mezzo in più, e mezzo' poi 'uno e mezzo', e centenario 'di cento anni'.
Sostantivo maschile.
1. Che ha un secolo e mezzo, quindi centocinquant'anni.
2. Che ricorre ogni centocinquant'anni.


Media, murales

Relativamente a media, sui dizionari (Garzanti, Zanichelli, Devoto-Oli e DOP) è sempre e solo riportato come sostantivo plurale. Capita poi che nell'uso comune venga spesso utilizzato come sostantivo invariabile anche al singolare. Ma il singolare, secondo i dizionari, rimane il medium, e dirò di più: sul DOP viene indicato esplicitamente che è " errato l'uso di (un) media come singolare".
Analogo discorso vale anche per murale/murales: secondo i dizionari il murales, sostantivo plurale, diventa mural o, italianizzato, murale, sostantivo singolare. Al solito, il DOP si lamenta dell'uso erroneo di murales al singolare. Che poi non si usi correntemente la forma singolare "ufficiale" è un altro discorso.
La Parolata propone che media e murales diventino sostantivi invariabili, analogamente alla maggior parte delle parole straniere usate in italiano.


Forse anche a voi hanno insegnato da bambini che il "sé", pronome personale riflessivo della terza persona, va scritto senza accento quando è accompagnato da "stesso" o "medesimo". La redazione della Parolata ritiene astrusa questa regola. Ed è in buona compagnia.
Luca Serianni (Grammatica italiana - Italiano comune e lingua letteraria) ritiene, ad esempio, «Senza reale utilità la regola di non accentare sé quando sia seguito da stesso o medesimo, giacché in questo caso non potrebbe confondersi con la congiunzione: è preferibile non introdurre inutili eccezioni e scrivere sé stesso, sé medesimo».
La Parolata propone che il pronome vada scritto sempre "sé".

Come era lecito attendersi, i lettori della Parolata si sono lanciati nella ricerca di frasi che contenessero un "se stesso" o simili dove il "se" fosse la congiunzione e non il pronome. Se riuscissero a trovarla cadrebbe la supposta impossibilità di confondere congiunzione e pronome anche senza che il secondo abbia l'accento. Il primo a inviare una mail alla redazione è stato Rambloi (pronuncia rambluá).
"Julienne non era mai sicura non solo di sapere come si sentisse ma persino neppure di sapere come fosse: se stessa in sé stessa e diversa altrove - in famiglia, con gli amici o con il suo compagno - oppure sempre o quasi somigliantesi, ovunque e con chiunque fosse."
Poiché il vostro curatore ha avuto qualche problema con la decodifica della frase, Rambloi lo ha facilitato eliminando i sottintesi, la frase diventa quindi la seguente.
"Julienne non era mai sicura non solo di sapere come si sentisse ma persino neppure di sapere come [lei] fosse: se [lei fosse la] stessa in sé stessa e diversa altrove - [e cioé] in famiglia, con gli amici o con il suo compagno - oppure [se lei fosse] sempre o quasi somigliantesi [ovviamente, 'somigliante a sé stessa'], ovunque e con chiunque fosse."

Cristina Marsi.
--- Sto pensando che non sempre la parola "stesso" seguendo il "se" elimini la possibilità di confusione con il se ipotetico, neppure al singolare. Pensa ad una frase del tipo: "mi chiedo se stesso si scriva con una sola esse o con due". ---

Anche il nostro Fabbri Citante ne parla, due volte.


Intrasentire

Intrasentìre
Composto di intra- e sentire, sul modello di intravedere.
Verbo transitivo [coniugato come sentire].
Sentire in modo incerto, confusamente: intrasentire qualcosa nel frastuono.

La Parolata propone una nuova parola. In teoria esiste già "intraudire", anche se non è riportato su tutti i dizionari, ma comunque il verbo "udire" è meno colloquiale di "sentire".


Scioccare

Dalle parole "shock" (inglese) e "choc" (francese) derivano le parole choccare e shockare, che secondo la Parolata sono discretamente ridicole pur se riportate dai dizionari. Piuttosto proponiamo di usare la più italiana scioccare.

Scioccàre
Derivato di shock, con grafia adattata all'italiano,
Verbo transitivo [io sciòcco, tu sciòcchi ecc.].
Provocare uno shock; emozionare fortemente: la notizia l'ha scioccato.


Svapare

Svapatore
Da svapare.
Sostantivo maschile [femminile svapatrice].
Chi fa uso delle nuove sigarette elettroniche, che consentono di inalare il vapore di una soluzione di acqua, glicole propilenico, glicerolo ed eventualmente nicotina e aromi.

Svapàre.
Composto di s- derivativo e vapore, con cambio di desinenza, sul modello di fumare.
Verbo transitivo.
Inalare da una sigaretta elettronica.

Non è che la Parolata proponga davvero questa parola, semplicemente si sta imponendo nell'uso e presto forse entrerà nei dizionari.


Ovvero

Ovvéro
Composto di 'o' e 'vero'.
Anche, anticamente, o véro.
Congiunzione.
1. Ossia, cioè, vale a dire. Si usa per precisare o correggere un concetto precedentemente espresso: l'autore dei «Promessi Sposi», ovvero Alessandro Manzoni; questa notte, ovvero questa mattina presto.
2. Forma rinforzata della congiunzione disgiuntiva semplice 'o' con lo stesso valore di 'oppure': non so se in questo caso sia meglio tacere ovvero dire la verità.

Oppùre
Anche, antico, o pure.
Congiunzione.
1. Forma rafforzata della congiunzione o (con valore disgiuntivo): vuoi un libro oppure un disco?
2. Con il valore di altrimenti, in caso contrario: dovrai affrettarti, oppure perderai il treno.
In apertura di frase, per introdurre una nuova possibilità o ipotesi: oppure, non potresti pensarci tu?.

La Parolata non si capacita della necessità di usare "ovvero" col significato di "oppure". Non viene aggiunto nulla alla lingua italiana ('oppure' già esiste, appunto), in compenso ogni volta che ci si imbatte in un ovvero bisogna cercare di capire in quale accezione è usato.
La Parolata propone di eliminare l'uso dell'"ovvero" col significato di "oppure".

 

 

Ultimo aggiornamento: 10 marzo 2019.

Parolata.it è a cura di Carlo Cinato.
Creative Commons License La Parolata e i suoi contenuti sono pubblicati sotto licenza Creative Commons.