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Esercizi di omicidio, capitolo sei

di chinalski

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Vinorov. Vivo, seduto al tavolo e vivo, brutta storia. Sono disarmato, e comunque c'è troppa gente intorno. Anche lui è disarmato, lo capisco dagli occhi: gelidi, ma anche impauriti, sono come i miei occhi, solo più gelidi. Gli occhi di uno che vede il proprio assassino, e non può difendersi, e non può che aspettare che l'altro colpisca, o sperare che sia disarmato, come sono io e come probabilmente è lui. Cosa fare? Mi fa cenno con il bicchiere, e mi indica il posto libero a fianco: è solo, cioè, è solo al bar, chissà se ha delle persone con sé sparse nella folla domenicale. Andarsene, come se non l'avessi riconosciuto, e poi? Scappare dal paese, con l'auto? Come può essere qui? Evidentemente non è morto, o meglio, non ho sparato a lui: quello che ho colpito non è sicuramente più in giro per il mondo. Sto sudando, sono troppo nervoso e non riesco a pensare, come sul tram, mentre stavo fuggendo dopo... dopo chissà cosa, a questo punto. Non riesco a pensare come quando credevo di avere sparato a Vinorov: ho creduto di avere riconosciuto i tratti di sua madre, il suo portamento, ma no: li avevo riconosciuti, ma nell'accompagnatore, non nel Vinorov che mi hanno mostrato in fotografia. Ho ucciso un sosia, e il vero Vinorov, il mio Vinorov, era lì di fianco, a mezzo metro da colui che avrebbe dovuto ucciderlo, ma che non l'aveva riconosciuto. Non è qui per caso: se è venuto qui è perché mi conosce, sa chi sono, o meglio, a questo punto sapeva già tutto prima del mio tentativo di ucciderlo, ha organizzato lo scambio col sosia e poi è venuto qui, sapeva che mi sarei rifugiato qui. Continua a farmi cenni, l'uomo a cui avrei sparato solo quattro giorni fa, se solo l'avessi riconosciuto, mi vuole al suo tavolino. E io ci vado, al tavolino, non sono sicuro che sia la scelta migliore, ma ci vado.
- Buongiorno.
- Buongiorno, prego, si accomodi, prende qualcosa Moris?

Ecco il pivello. Come aveva previsto Bruno. E come, forse, non si aspettava Baptiste. Ah, Baptiste, con te avrò modo di fare i conti, senza fretta. Volevi mandarmi a Madrid, chissà chi avrei trovato lì. Molto meglio Saint Golain. A incontrare il pivello, e poi via, lontano dai sicari di Baptiste che sicuramente stanno per arrivare. Pivello mio, siedi al mio tavolo. Certo che ha del fegato, il pivello, a farsi vedere in giro per il paese, oppure è uno sconsiderato che non sa prendere le proprie precauzioni. Oppure sa qualcosa che gli altri non sanno: anch'io, dall'esterno, posso sembrare uno sconsiderato: prima assisto al "mio" omicidio, poi me ne vengo a casa di mia madre, da morto, dove tutti mi conoscono, e mi bevo la mia vodka sulla piazza della chiesa. Ma io non ho più nulla da perdere, il pivello è ancora giovane, lui ha da perdere in tutta questa storia. O da guadagnare. Vieni pivello, vieni al mio tavolo, non avere paura: sono disarmato, senza guardie del corpo, indifeso come sei tu: lo so dalla tua aria spaventata che sei disarmato. La polizia l'ha bevuta la storia del finto Vinorov, certo non può durare troppo a lungo la storia, si accorgeranno a Mosca della scomparsa di Otaliev, incensurato, e allora salterà fuori che è scomparso a Parigi, che la sua faccia corrisponde a quella del Vinorov morto, insomma, forse una settimana ancora, dieci giorni al massimo e tutto verrà fuori, ma tra una settimana tutto sarà risolto, per ciò che mi riguarda. Pivello, il posto al tavolino aspetta sempre te. Bravo, così, avvicinati.
- Buongiorno.
- Buongiorno, prego, si accomodi, prende qualcosa Moris?
- Un Campari.
- Un Campari, s'il vous plait. Ci si rivede, a quanto pare.
- Come ha fatto a sapere che mi avrebbe trovato qui?
- Si possono sapere tante cose, nel nostro ambiente: qualcuna vera, qualcuna falsa, l'importante è distinguere gli amici dai nemici, e tu non ti sei comportato da amico, con me. Però questa volta ti è concessa un'opportunità per recuperare il tuo errore: l'errore di non avermi ucciso. In condizioni normali non saremmo qui a discutere di pentimenti o amenità simili, anzi, probabilmente dalla tua bocca non uscirebbero che suoni disarticolati e incomprensibili. Ma non sono qui per spiegarti quanto sei fortunato, ma per avere da te qualche informazione, e tu me la darai, vero?
- Dipende, se anche lei è amico mio.
- Già, e dipende anche da quanto i miei uomini sono tuoi amici, e da quanto sono amici dei tuoi famigliari. Ma basta parlare di amicizia e di amore. Devi dirmi chi ti ha dato l'incarico di uccidermi, con chi hai parlato, cosa ti hanno promesso, devi dirmi tutto ciò che sai dell'organizzazione del mio assassinio, e per me la questione con te è chiusa.
- Parla come un gangster dei film americani. È a Hollywood che vi scrivono i dialoghi?
- Ragazzino, tu invece leggi troppi libri di Chandler. E questo è male: primo perché tu non sei Marlowe, ma solo un pivello che ha cercato di uccidere la persona sbagliata e manco c'è riuscito, poi perché nei romanzi non si sentono gli scricchiolii delle ossa e dei denti rotti, e ti posso assicurare che fanno un effetto che neanche ti immagini, infine perché Marlowe era solo e non aveva giovani sorelle. A proposito, la tua come sta? L'hai persa di vista, all'uscita dalla chiesa, o sbaglio? Vorresti salutarla? Potremmo dare un colpo di telefono a Boris, dovrebbe essere con lui, ora.

I due uomini, il più anziano con un vestito chiaro di ottima fattura e il più giovane in jeans e maglione, parlavano seduti a un tavolino isolato, sotto un albero, con vista sulla piazza del paese. Nessuno li disturbava: Vinorov era conosciuto in paese, anche se da tempo non lo frequentava più, e incuteva più che rispetto o timore tra i compaesani della madre: era un vero e proprio terrore. Nessuno avrebbe osato avvicinarsi al suo tavolo, e chi ci avesse provato si sarebbe fermato all'occhiataccia dei norboruti e presumibilmente armati uomini nascosti nei vicoli intorno. Moris aveva delle vistose macchie di sudore sotto le ascelle e sulla schiena nonostante la giornata fresca, si sporgeva in avanti sulla sedia, le braccia e la testa erano immobili e le gambe perennemente in movimento sotto il tavolo. Vinorov era tranquillamente appoggiato allo schienale, sorseggiava la vodka e sorrideva ai passanti, di un sorriso a cui era obbligatorio rispondere allo stesso modo.

Sono stato usato per un regolamento di conti interno all'organizzazione di Vinorov! Non un semplice omicidio, ma qualcosa di più grosso, più complicato. Sono stato pagato per uccidere il sosia, e poi, forse, per incontrarmi con Vinorov, o chissà, l'incontro magari è stato davvero casuale. E ora sono nei guai, devo stare attento a cosa dico di chi mi ha incaricato di ucciderlo, altrimenti rischio di tirarmeli contro, ma devo anche stare attento a non insospettirlo, a non fargli pensare che sto mentendo, perché non facciano del male a Giovanna. È pericoloso, ma credo che la cosa migliore per me sia di fargli capire che sono disposto a tradire il mandante, che mi presterei a passare dalla sua parte e collaborare con lui, chissà che non riesca a entrare nella sua organizzazione. Certo, quattro giorni fa gli avrei sparato addosso, anzi, gli ho sparato addosso, e ora gli propongo di prendermi con lui, ma così va la vita, Vinorov non è sicuramente un uomo che si fa dei problemi morali: se può avere dei vantaggi a prendermi con lui, lo farà, così come non si farebbe dei problemi a scaricarmi, o peggio ad ammazzarmi quando gli fosse utile.
- Va bene, parlerò, ma non fatele niente.

Il pivello è in un bagno di sudore, sembra che non possa stare fermo con le gambe, ma ha fegato, per come ha sparato a Parigi, e per come ha accettato di sedere al mio tavolo. Se Baptiste è davvero coinvolto in questa storia, beh, lo scoprirò dal pivello, anche se non lo sapesse nemmeno lui, chi c'è dietro. E poi c'è questa storia del cognome uguale: Luciani, il pivello è parente di Baptiste? Si conoscono? Potrebbe essere un caso, ma secondo me hanno qualche rapporto i due: spero che Bertrand telefoni per comunicarmi i risultati della sua ricerca, spero che chiami quando il pivello è ancora qui davanti a me. Il ragazzino mi aiuterà, lo so, e farà ciò che gli dirò, anche rivoltarsi contro colui che gli ha commissionato il mio omicidio. Sarebbe un bene se fosse parente di Baptiste, ci sarebbe più gusto vedere il pivello tradire un parente, il parente che ha tradito me. Allora, pivello, deciditi a parlare, tanto so che lì si andrà a finire, dialoghi alla Chandler oppure no.
- Va bene, parlerò, ma non fatele niente.

 

Capitolo 7.

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