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Il paese ritrovato

Capitolo diciannovesimo

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Come la porta si chiuse dietro al commissario, Marcon si rese conto di Cociglio, in piedi nel suo angolo che aveva dimenticato il canarino e adesso fissava veramente Marcon per scoprirne i pensieri. Santo cielo, quell'uomo aveva ascoltato tutto, era stato la sua ombra per tutto il giorno e forse aveva anche guadagnato la fiducia (e nessun poliziotto aveva mai guadagnato tanta fiducia quanta Cociglio, a dire il vero), ma per un momento si sentì come fosse nudo.
Dal canto suo, il buon collaboratore, era rimasto colpito dalle parole di Zucchelli, e non sapeva bene cosa pensare, ma sentiva che toccava a lui parlare, dire qualcosa. Quasi fosse stato dentro un muro o fuori della stanza per tutto il tempo in cui non era stato interpellato, cercò di ricordare l'ultima cosa non connessa con l'indagine che aveva detto, e disse: - Ma davvero non sei piemontese, Commissario? -
Marcon si sentì sollevato. - Ma ti sembra che uno con un nome come Marcon possa essere piemontese? Ma da voi poliziotti, non si pretende nemmeno un pochino di cultura generale? Ecco, guarda, in quest'altra foto, ancora mio padre, su una caorlina. Gli piacevano le barche e ha fatto pure il pescatore, pensa un po', nella laguna veneta. Mentre a me qui tocca pescare solo morti, e confrontarmi con l'ignoranza dei miei uomini...
Cociglio non era offeso, ma decise di stare in silenzio, perché la distrazione faceva bene al Commissario, e dopotutto non se la sentiva di dissentire su niente di quello che diceva il capo. Per un poliziotto semplice come lui, ispettori e commissari facevano parte dell'OLIMPO, non ci si discuteva, si eseguivano gli ordini e li si ammirava mentre lavoravano, il che la maggior parte delle volte era ben difficile da capire, perché spesso pensavano, ed in silenzio, proprio come stava facendo ora l'uomo davanti a lui. Così il suo sguardo cominciò a vagare in quell'ufficio pieno di meraviglie ancora più complesse da comprendere, a quanto pare al capo interessava la storia del XVII secolo, come si capiva dai titoli che campeggiavano sui libri aperti su una sedia di lato, c'era un soldato, armato di tutto punto, la legenda diceva "micheletto". Che uomo il capo, leggere storie di tempi andati e utilizzarle per scoprire assassini moderni, se lo immaginava in un altro tempo, a salvare donzelle nel bisogno dai draghi... ma anche in questa storia c'era una donzella, e non si capiva perché il Commissario fosse ancora fermo lì, e non per strada verso la sala degli interrogatori.
Marcon pareva aver avuto un'idea: - C'è già stato qualcuno a casa del Pieri?
Cociglio era pronto - Sì, ci ho mandato la scientifica e l'esperto informatico, come ha detto lei. - l'agente era orgoglioso di aver fatto le cose per tempo e di poter già dare qualche risultato, che aveva sentito per radio solo pochi minuti prima di salire - sembra che il Pieri avesse preparato un sacco di materiale sulle stregonerie, e avesse molti indirizzi di posta diversi. Purtroppo ci vorrà parecchio tempo per analizzare tutto il materiale che aveva nel computer.
Il Commissario pareva deluso, invece, ma decise di non demordere: - Facciamoci un salto noi, prima di andare all'interrogatorio. Vai giù, e senti se ci sono novità da qualcuno. Fai mandare Orsolina nella stanza piccola, quella con troppa luce, e vedi che sia lasciata sola, che nessuno le parli finché non torniamo... speriamo che le prenda paura e sia pronta a raccontare qualcosa di utile. Ci dovrebbe volere almeno un'oretta e nel frattempo vedi che non le diano niente da bere o da mangiare. La voglio nervosa. E torna subito, voglio passare a prendere qualcosa da mangiare per me... come si chiamava quella panetteria dove vendevano quei panini... i cremonesi? Sì, quella all'angolo... -
Cociglio aveva capito che Marcon non si sentiva ancora pronto per affrontare la donna, ma non disse niente prima di uscire, l'accenno al cibo gli ricordò altri interrogatori molto efficaci, e soprattutto quanto meglio stesse il capo con qualcosa di unto in mano da mangiare sporcandosi, così sorrise al pensiero della panetteria in cui imbottivano i panini al commissario come voleva lui.
Dal canto suo, il commissario sapeva che Orsolina avrebbe raccontato tutto a lui, se si fosse comportato come sapeva, ma non adesso, e la visita a casa del Pieri andava fatta comunque. Meglio tenerla sotto una campana di vetro, per il momento.
L'agente tornò dopo pochi minuti, con in mano le chiavi della macchina e la cartella con tutto quello che sapevano su Pieri (che Marcon aveva richiesto più di una settimana fa, quando Carlo gliene aveva parlato per la prima volta). Si sentiva estremamente di buon umore per la fiducia del capo e intendeva portarlo a casa del Pieri con una buona sosta alla famosa panetteria, senza che lui dovesse ricordarglielo.

In meno di un quarto d'ora salivano entrambi le scale anguste di una casa tanto vecchia da sembrare cadente, Marcon con macchie di unto nuove sul trench e sui pantaloni, l'agente con la macchina fotografica in caso avessero trovato qualcosa che alla scientifica fosse sfuggita. L'alloggio del Pieri era quasi come l'ufficio di Marcon, a parte una gran quantità di materiale informatico che gli esperti avevano studiato per poi lasciare in loco. Libri ovunque, alcuni aperti su un ampio tavolo e sottolineati ovunque, parlavano di stregoneria e di altre cose con le quali non si poteva immaginare nessuna connessione. Sembrava il nascondiglio di un pazzo, a Cociglio ricordava la casa di un serial killer che il capo aveva arrestato l'anno prima. Su una sedia, uno schema di parole crociate completato in ogni casella, con tante cancellature, che sembrava interessare il capo.
Mentre l'agente faceva un giro sul terrazzo piastrellato a campigiana, Marcon prese le parole crociate che aveva già scorto su qualche ripiano a casa di Carlo, una diversa calligrafia aveva cominciato a scrivere nuove parole nello schema a fianco "atellana" e "bolarmenico" incrociavano, ma non corrispondevano alle definizioni, e Marcon era convinto contenessero una qualche chiave di lettura, una password, qualsiasi cosa gli avrebbe aperto le porte per raggiungere la soluzione di quel caso, ma non disse niente, e anche il cruciverba sparì in una tasca del trench.
A quanto pare Fabrizio amava informarsi un po' di tutto, c'erano libri su qualsiasi argomento, addirittura su ogni tipo di birra (Marcon non aveva mai sentito parlare di birre trappiste, veramente, e Cociglio si sentì rivalutato a poterne descrivere il sapore, mentre il Capo conosceva solo l'ordine dei frati), ma avevano già trovato quello che cercavano, anche se l'agente non se n'era accorto e continuava a guardarsi intorno e chiedere qualcosa su tutto: - Ma guarda! Questo tizio collezionava pietre! E questa tutta nera? C'è scritto "pozzolana", a me sembra una schifezza...
- Si dice rocce, Cociglio! E' una roccia vulcanica. Dai, andiamo, è tempo di parlare con la bella Orsolina.

 

Capitolo ventesimo

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